Facebook e Privacy: attenzione a cosa si pubblica
La privacy sui social network è argomento scottante. Non è raro che il Garante Privacy sia chiamato a intervenire in situazioni delicate che spesso riguardano minori.
Quello che pubblichiamo in Rete non può essere considerato “privato” dato che, normalmente, è sufficiente un click per copiare, salvare, condividere e ripubblicare materiali altrui su siti e piattaforme social. Su Facebook, per esempio, possiamo decidere di rendere una pubblicazione visibile a tutti, agli amici o solo a determinate persone con la possibilità di decidere in qualsiasi momento di modificare la visibilità del post. Dobbiamo però considerare che, per ovviare ai limiti di visibilità stabiliti dall’originario autore del post, basta un semplice screenshot per pubblicare quel contenuto in formato immagine anche attraverso altri canali.
Prestare attenzione a quello che si pubblica sui social vale sia che si stia pubblicando un contenuto personale, sia che si stia condividendo materiali che coinvolgano anche altre persone, a maggior ragione se hanno come “attore principale” un’altra persona, magari a noi sconosciuta.
Esiste un’estesa casistica di situazioni nelle quali sono intervenuti l’Autorità Giudiziaria e il Garante Privacy. Facciamo alcuni esempi.
Pubblicazione di immagini e documenti durante una causa di divorzio
Nel 2017, una donna è stata condannata a rimuovere dal proprio profilo Facebook alcuni post che contenevano, oltre alle foto della figlia minore, anche estratti di atti giudiziari e documenti che rendevano possibile l’identificazione della ragazzina. Ad aggravare la situazione il fatto che in tali documenti erano contenute informazioni piuttosto “sensibili”, come anamnesi mediche e report psicologici anche della minore.
Così facendo, la donna ha violato la privacy di altri soggetti (marito e figlia minore), rendendo necessario l’intervento delle Autorità.
Ricordiamo infatti che, per la pubblicazione di immagini di minori, è sempre necessaria l’autorizzazione di entrambi i genitori, essendo il minore sotto la potestà di entrambi. Ciò non solo alla luce della normativa sulla protezione dei dati personali, ma anche in relazione alla tutela dell’immagine del minore (cfr. art. 10 Codice Civile e Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia).
È stata accertata la sussistenza di un pregiudizio per la ragazzina a seguito della diffusione di immagini, notizie e documenti sulla vicenda giudiziaria di separazione dei genitori, e pertanto doverosi sono stati gli ordini di rimozione dei post e il divieto alla prosecuzione della condotta contestata.
Pubblicazione su un profilo privato di video girato in luogo pubblico
Il Garante Privacy è intervenuto anche in seguito alla denuncia di un utente di Facebook che si è trovato, suo malgrado, protagonista di un video nel quale veniva pubblicamente deriso per alcuni suoi atteggiamenti.
Caso ha voluto che tra i tanti destinatari di questo video (pubblicato in modalità di visualizzazione ristretta alla cerchia degli amici), vi sia stato un conoscente comune tra l’autore del video e il “protagonista”, e che proprio questo amico comune abbia avvisato il malcapitato.
In questa vicenda, oltre alla rimozione del post, è stata promossa una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni subìti, con condanna del novello regista per aver diffuso il video della “vittima” in atteggiamenti lesivi della sua immagine.
Quanto sopra ci deve insegnare che i social network, alla pari di qualsiasi altra piattaforma web, non possono essere considerati alla stregua di “album personali” dove inserire qualunque cosa, dal momento che sono strumenti nati appositamente per la massima condivisione (social, appunto) di ciò che viene pubblicato. Non avrebbe senso Facebook se i post non fossero facilmente condivisibili.
Diritto all’oblìo sui social?
Il diritto all’oblìo è oggi espressamente previsto dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (GDPR), ed è possibile ricorrervi se riteniamo che talune informazioni riservate, o comunque lesive della nostra immagine, siano state “rese pubbliche” senza il nostro consenso. Che si tratti di un sito internet o una piattaforma social poco importa: l’interessato ha sempre diritto di ottenere la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo se sussiste almeno una delle condizioni di cui all’art. 17 GDPR:
i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati; l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento e non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento; l’interessato si oppone al trattamento e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento; i dati personali sono stati trattati illecitamente; i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale; i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione diretta a minori.
Questo tipo di violazioni della privacy è particolarmente facile da denunciare, non sempre da perseguire. Oggigiorno, tuttavia, quasi tutte le piattaforme social mettono a disposizione specifiche procedure per segnalare questo tipo di violazioni al fine di tutelare al meglio la privacy degli utenti.
Non c’è sistema, tuttavia, che possa garantire la riservatezza di quello che si pubblica su Internet. Per questo motivo è necessario prestare molta attenzione a ciò che pubblichiamo e condividiamo on line, se non si vuole incorrere in spiacevoli conseguenze da un punto di vista legale.
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