Importanza e Differenza tra Privacy e Sicurezza dei dati personali in sicurezza informatica
Importanza e Differenza tra Privacy e Sicurezza dei dati personali in sicurezza informatica
La tutela della privacy è un concetto fondamentale all’interno delle società democratiche, una garanzia che ha assunto ormai una posizione di rilievo. Eppure, questa stessa società posta di fronte a nuove sfide come quelle lanciate dal cyber space sta mettendo in discussione uno dei suoi principi cardine in nome di un altro concetto assai rilevante, quello di sicurezza. Ciò nonostante, tali società sanno che occorre trovare un equilibrio tra la ricerca di maggiore sicurezza e il diritto alla riservatezza.
Il problema che a questo punto sorge non riguarda, allora, la legittimità delle azioni di un governo tese a raccogliere e intercettare dati o informazioni personali ma se le modalità attraverso cui questo avviene siano lecite, proporzionali alla minaccia oggettiva e commisurate al rischio a cui si è esposti (e che si vuole ridurre).
Generalmente, si ritiene che uno Stato possa violare il diritto alla privacy se:
esiste una norma costituzionale che lo permette; la misura che viene adottata è proporzionata al danno che si vuole impedire e le sue conseguenze future; la misura sia adeguata poiché quella è l’unica via per raggiungere lo scopo desiderato.
Solo e soltanto quando ciò avviene possiamo ritenere che sia legittimo, in nome della sicurezza, porre dei limiti all’esercizio di diritto fondamentali come quello a protezione della riservatezza.
Con l’avvento di Internet e la produzione di nuove modalità di raccolta dati mediante l’impiego di strumenti informatici si è fatta strada una nuova concezione di tale diritto che estende o comunque declina in termini più ampi il concetto di riservatezza, non più intesa solo come una sorta di ‘diritto ad essere lasciati soli’ ma come garanzia di non diffusione di dati, fatti o informazioni appartenenti alla sfera privata e personale di un individuo.
Tuttavia, alcuni ritengono che la protezione della riservatezza possa costituire un ostacolo alla realizzazione di efficaci politiche di sicurezza, pubblica e nazionale.
Prendiamo ad esempio il fenomeno, tanto discusso, della videosorveglianza. Essa nasce a fronte di due particolari esigenze: la prima è riconducibile al bisogno di garantire una sicurezza pubblica e urbana attraverso azioni di prevenzione e controllo dei fenomeni criminosi e vandalici sia in luoghi pubblici sia in luoghi privati; la seconda, consiste nella volontà di monitorare quanto accade per lo più nelle aziende, a tutela del personale lavorativo ma anche dello stesso patrimonio aziendale.
Ora, la questione principale è che le immagini tracciate dalle videocamere sono pienamente qualificabili come dati personali, dal momento che rendono possibile l’identificazione di ogni singolo individuo.
Molti sostengono che una tale violazione della privacy sia necessaria a fronte di un bisogno superiore, e cioè una maggiore sicurezza. D’altro canto, non poche persone dissentono obiettando che i dati identificativi di un individuo non possono essere prelevati e diffusi con così estrema facilità.
Questa costante tensione tra privacy e sicurezza si riflette anche nell’ambito delle aziende private e non soltanto in ambito di pubblico interesse. Per capire meglio, pensiamo al fatto che molte delle minacce che le aziende devono affrontare hanno origine all’interno delle stesse e provengono dai loro impiegati. Tale considerazione ci spiega, allora, le ragioni alla base della recente tendenza di molte imprese di monitorare il proprio personale, con un’attenzione particolare ai movimenti che tali persone effettuano in rete. Sebbene tale propensione alla sorveglianza sia in crescita, i sistemi giudiziari nazionali persistono nel riconoscere agli individui (e nel caso specifico agli impiegati e dipendenti) la possibilità di rivendicare, anche sul posto di lavoro, il proprio diritto alla riservatezza.
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