Psicologia e benessere
L’informazione online è affidabile? Questa domanda generalizza e riassume le centinaia di richieste che ci chiedono di valutare questa o quella notizia. Finora avevamo una risposta standard che spiegava gentilmente che non ci è possibile rispondere sull’attendibilità di una notizia trovata online, a meno che la notizia non sia veramente importante e, come tale, probabilmente di dominio pubblico.
Con questo articolo vorremmo fare il punto sull’attendibilità dell’informazione online. Per chi non volesse leggere tutto l’articolo, rimandiamo al riassunto finale.
Informazione online: pro e contro
Sono necessarie due importanti premesse:
ciò che si trova in Rete è spesso più esaustivo di quanto si può trovare in un testo scolastico o in un’enciclopedia.
Ciò che si trova in Rete non può avere il grado di attendibilità di un testo scolastico o di un’enciclopedia cartacea.
Questi due punti sono in netta contrapposizione e penso siano ciò che genera il problema “attendibilità delle fonti“. Il primo punto sicuramente è il plus della Rete: in Internet si trova tutto, velocemente, comodamente. Ciò ha portato a una progressiva crisi del cartaceo informativo (molti giornali stanno orientandosi alla Rete) e formativo (vedasi la crisi del settore enciclopedico).
D’altro canto, il secondo punto è fonte di gravi problemi di “formazione” della popolazione. I testi tradizionali non potevano vendere che verità consolidate perché comunque avevano organismi di controllo (editore, comitati redazionali ecc.) che impedivano il proliferare di informazione spuria. In Internet ognuno può pubblicare quello che gli passa per la testa spacciandolo per verità assoluta. Il rischio di fare enormi danni esiste.
Non a caso, anche Wikipedia, la presunta enciclopedia libera, comincia a dare preoccupanti segni di faziosità e di inattendibilità dell’informazione contenuta.
Si può elaborare una strategia che utilizzando i vantaggi del primo punto eviti i danni del secondo? A mio avviso sì.
Innanzitutto si dovrebbe avere chiaro il concetto di disinformazione.
Compreso tale concetto, supponiamo di volerci documentare su una voce, Giulio Cesare, Trump o cervo volante, non importa, il metodo deve valere per tutti i campi.
Passo 1 – Si cerca in Google il termine voluto; ricordatevi di metterlo fra apici per indicare la ricerca della stringa, quindi “Giulio Cesare” e di specificare la lingua di ricerca nelle preferenze (Italiano).
L’informazione deve partire da un motore di ricerca serio. Qui il termine serio indica solo il fatto che la ricerca avviene in modo “stupido”, in base ad algoritmi matematici, non in base a considerazioni commerciali (lasciate quindi perdere le info commerciali che appaiono per esempio in Google ai lati o sopra i risultati della ricerca) o ideologiche.
Attualmente chi non è nelle prime x posizioni di Google non può arrogarsi il diritto di definirsi un esperto in materia perché Google valuta molto bene la pertinenza dell’informazione su un argomento. Notate che pertinenza non vuol dire attendibilità, ma solo che in quel sito “si parla tanto” di quell’argomento. Che è un sito top.
Il valore x dipende dalla vostra pazienza. Teoricamente si potrebbe definire x in base alla diffusione della voce, per esempio x aumenta di 10 pagine per ogni 100.000 pagine della voce che si trovano nella Rete in lingua italiana. Per esempio, se ci sono 374.000 pagine sulla glicemia, si possono considerare i primi 40 contributi. Praticamente ci si può sempre limitare ai primi 10-20.
Il primo punto indica chiaramente di non considerare come definitive informazioni che arrivano da newsletter o da catene di mail: se l’informazione non è contenuta in un sito top lasciatele perdere.
Passo 2 – Fra i siti top di Google si considerano quelli che sono abbastanza esaustivi, relativamente alla ricerca che devo fare. Un conto è desiderare la biografia di un personaggio e un conto è sapere in che anno egli ha scritto un certo libro.
Passo 3 – A questo punto viene il difficile: l’informazione online che ho trovato è attendibile?
Informazione online: è attendibile?
Per rispondere alla domanda è necessario valutare l’attendibilità del sito che la espone e quindi capire eventuali interessi di parte a modificare l’informazione (non solo il contenuto, ma anche il grado di priorità dei concetti a essa legati) per secondi fini. Se cerco la biografia di un campione sportivo e finisco nel sito de La Gazzetta dello Sport, non vedo nessun motivo perché la biografia debba presentare distorsioni (gli errori ci possono essere in Rete come in un testo cartaceo tradizionale, anche di ottima qualità); se cerco la biografia di un uomo politico e finisco nel sito di un partito suo avversario o di una fonte giornalistica, non è detto che le informazioni riportate siano corrette. Per esempio, se consultate in Wikipedia le voci di leader politici si può notare come l’informazione non sia affatto pesata, in quanto, spesso, una parte esageratamente preponderante della biografia è dedicata alle loro vicende processuali, evidente contributo di chi è a loro avverso (tant’è che ora le modifiche sono riservate solo agli utenti registrati, cosa peraltro facilissima a farsi). La voce non è “attendibile”.
Quindi prima di considerare la voce in sé considerate il sito da cui proviene!
Il metodo non dà la certezza di avere un’informazione online corretta al 100%, ma dà molte garanzie. Per esempio, applicato a un sito che vende un integratore miracoloso (magari un sito top perché nei primi 10 di Google), invita a cercare informazioni su quell’integratore in un sito “più attendibile” che non lo vende!
Vediamo un esempio: la demonizzazione del forno a microonde.
Prima di passare a un caso pratico, vediamo le tre tecniche usate da siti poco credibili.
Si utilizza un linguaggio pseudoscientifico, facendo seminformazione. Un esempio classico è quello del DHMO . È ovvio che se la persona non ha sufficienti competenze, le si può far credere qualunque cosa. Quindi si devono usare degli strumenti di ragionamento (come il Ma se…) che prescindano dalla materia. Se si scoprono gravi incoerenze si butti l’articolo e il sito che lo ospita.
. È ovvio che se la persona non ha sufficienti competenze, le si può far credere qualunque cosa. Quindi si devono usare degli strumenti di ragionamento (come il Ma se…) che prescindano dalla materia. Se si scoprono gravi incoerenze si butti l’articolo e il sito che lo ospita. Si fa leva (l’uso del termine “leva” sarà chiaro dall’esempio) sull’insieme dei fobici. Spesso a sproposito si usa il principio di precauzione: se una cosa può far male è meglio evitarla. Riferitevi alle critiche a tale principio per capire come tale posizione sia poco intelligente.
Si usa il concetto di ricerca anziché quello di scienza. Si legga l’articolo sul perché una ricerca non è scienza; capirete che è banale trovare una ricerca (magari datata e superata) che afferma che X è falso mentre altre mille affermano che X è vero.
Vediamo di sottoporre il peggior articolo che abbiamo trovato nella rete: quello della Leva di Archimede gli asterischi servono per non fare pubblicità a questo ammasso di idee senza senso; le stesse “ricerche” e gli stessi “concetti” sono ripresi anche in http://www.disinformazione.it/***) sul forno a microonde.
1) Già il titolo è risibile: Forno a microonde – La ricetta per ammalarsi di cancro.
Ma se fosse vero, perché i Paesi in cui il microonde è molto più usato non hanno una percentuale maggiore di casi di cancro? Ma se fosse vero, perché i casi di cancro non sono esponenzialmente aumentati con l’aumento esponenziale delle vendite del forno a microonde?
Le statistiche di vendita e la stabilità dei dati sul cancro confermano che il microonde non c’entra. Banale.
2) Molte frasi sono un esempio di seminformazione. Dire che la cottura al microonde altera i cibi fa subito pensare a qualcosa di drammatico, perché il verbo alterare è spesso usato in senso di cambiamento al negativo. In realtà, pensiamo a come le normali tecniche di cottura alterino i cibi e capiremo che “alterare un cibo” non significa nulla, occorre dimostrare che l’alterazione è dannosa.
3) A questo punto interviene la presunta megascoperta di Hertel, una ricerca contro (non scienza, vedi il terzo punto dell’elenco soprariportato) in contrapposizione alle migliaia a favore del microonde. Notiamo che è presentata dopo che per un terzo dell’articolo si è seminata paura. Alcune perplessità iniziali:
la ricerca è fatta su otto soggetti, un numero risibile per qualunque risultato scientificamente accettabile.
Gli otto soggetti seguivano “rigidamente una dieta macrobiotica”. Forse ai naturopati questo suona come un plus, in realtà per la comunità scientifica internazionale è un minus perché una dieta macrobiotica è lontanissima dal concetto di sana alimentazione; l’individuo si predispone già ad avere valori alterati nelle analisi del sangue, come per esempio succede ai vegani.
Ridicolo il protocollo: né fumo, né alcol, né sesso. Ma c’era proprio bisogno di specificare l’ultima osservazione? Ma la cosa più comica sono i risultati. Secondo Hertel si riducevano i valori di emoglobina, di colesterolo e dei linfociti. Se Hertel avesse voluto essere credibile, doveva inventarsi qualcosa di molto più razionale e sottile. I parametri che esamina sono ormai troppo monitorati nella popolazione per non capire che quello che asserisce è falso. Chiunque può ripetere l’esempio da sé e verificare che non cambia proprio nulla. Se fosse vero quello che dice Hertel, gran parte della popolazione sarebbe anemica e con il colesterolo totale molto basso, cosa che non è vera.
E quelli della Leva credono alla parola di un tizio che vende ipotesi che non hanno nessun riscontro credibile? Forse che se sbandiero ai quattro venti che ho fatto ritornare ventenni otto ottuagenari mi credono sulla parola e mi propongono per il Nobel?
4) Forse anche loro si accorgono che poi Hertel non è molto credibile e allora cercano di sfornare altri dati. Veramente divertente il paragrafo sui russi che vietano il microonde. Durante il comunismo in Russia si vietava tutto quello che sapeva di occidentale. Anche i jeans fanno venire il cancro?
5) Quelli della Leva devono essersi accorti che neanche i russi sono credibili e si lasciano andare a un “alcune di queste teorie devono essere verificate” e sferrano un ultimo colpo di coda con ricerche recenti. Ognuna di esse è un attentato al buon senso.
a) Viene citata una ricerca che spiega che il cibo cucinato al microonde può risultare non ben cotto all’interno. E allora, che c’è di male? Le bistecche al sangue non presentano lo stesso problema?
b) Si cita un caso del 1991 dove un paziente è morto per crisi anafilattica dopo una trasfusione di sangue che era stato scaldato nel forno a microonde. Il vero problema è che il sangue era stato scaldato. Chi sarebbe così incosciente da fare una trasfusione dopo aver (per errore, si spera) bollito il sangue? Microonde o riscaldamento tradizionale sono la stessa cosa.
c) Si cita il caso che il microonde non riesca a uccidere la Listeria o la salmonella. E allora? Non ci riesce come non ci riescono metodi tradizionali se non si superano i 70 °C circa. Se si scalda un panino con carne infetta a 40 °C nel forno tradizionale o nel microonde, nulla cambia, il microrganismo sopravvive.
6) Gli ultimi due paragrafi sono poi molto deludenti. Quelli della Leva non si accorgono nemmeno che tutto quello che viene detto per il microonde vale per una qualunque forma di cottura; ben tarando le parole saremmo in grado di dimostrare che ogni tipo di cottura è dannoso perché provoca questo o quello. Forse che dalle pentole tradizionali non è mai passato nulla nei cibi?
Leva di Archimede? Sì grazie, per vivere nel Medioevo.
Riassumendo
Se io dico che metà degli italiani sono marziani travestiti, l’interlocutore mi toglie subito dalla lista delle persone affidabili.
Analogamente, è molto facile scoprire siti che noi riteniamo “da scartare”.
1) Si va in un sito e s’incomincia a leggere, preferenzialmente una parte importante.
2) Se si trova una frase dubbia, si cerca una banale (cioè in base al buon senso; qui si dà per scontato che il lettore ce l’abbia!) confutazione a tale frase. Se la troviamo facilmente, allora scartiamo il sito. Se per esempio leggo “la malattia è un’espressione che non fa altro che rivelare in maniera metaforica un vissuto emozionale che ha portato alla malattia stessa” è immediato capire che solo una minima parte delle patologie dipende unicamente dalla psiche (che può aggravare una patologia, ma qui si parla di causa diretta) e non ci sarà difficile trovarne una che contraddice il fulcro del messaggio del sito (mi piacerebbe infettare con il bacillo del colera chi spande in Rete informazioni come questa per vedere se poi riesce a guarire convincendosi che la malattia è un parto del proprio vissuto emozionale).
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